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mercoledì 26 marzo 2014

Caro Beppe, il tuo "codice" vale un fico secco...

Da GIORNALETTISMO

Il codice di comportamento di Beppe Grillo per le europee? «Non vale niente»

di   - 26/03/2014 - Il parere di Giovanni Piccirilli, esperto di Diritto all'università Luiss di Roma

Oggi Beppe Grillo ha pubblicato on line il codice di comportamento per gli eletti del MoVimento 5 Stelle alle elezioni europee. Spiccano importanti novità che stridono con l’articolo due del Parlamento Europeo, quello relativo all’indipendenza di mandato. Non solo, scorrendo il codice si notano le dimissioni “obbligatorie”, il divieto ad allearsi (salvo indicazioni di Beppe) e il versamento dell’importo di euro 250.000 al Comitato Promotore Elezioni Europee nel caso in cui il deputato sia condannato penalmente o venga ritenuto gravemente inadempiente al rispetto del codice di comportamento. Si tratta di vincoli che limiterebbero l’esercizio dei futuri eletti nell’Unione ed eventuali sogni dissidenti. Ma valgono qualcosa? È il caso di usare il condizionale perché il codice, davanti al regolamento europeo, ha una storia ed una struttura a sé. Abbiamo provato a capirne di più con Giovanni Piccirilli, del Dipartimento di Scienze politiche LUISS Guido Carli, nonché Academic coordinator del Master di secondo livello in Parlamento e politiche pubbliche della LUISS Guido Carli School of Government.

Chiusura campagna elettorale Movimento 5 stelle

Questo codice non stride col punto due relativo all’indipendenza di mandato?

Questo è sicuro. Ma la prima da domanda da porsi è “che cosa è questo codice di comportamento per gli eletti al Parlamento europeo”? Il regolamento del Parlamento Europeo è una norma giuridica e viene posta come già avviene per il Regolamento alla Camera e Senato in Italia. Questo codice degli eletti 5 Stelle è solo un documento politico. Possiamo sottolineare i punti di contrasto sì, ma la vincolabilità di questo codice è nulla. Giuridicamente non esiste. Oltretutto è dichiaratamente un “Non statuto”, una retorica classica usata anche dai Radicali negli anni ’70. Sì, è un impegno politico nel dire che le persone candidate si atterranno a questo, ma non saranno comunque persone giuridicamente perseguibili.

E le sanzioni?

L’unica sanzione che si può avere è quella politica. Nel senso che alle prossime elezioni le persone che lo violano non verranno ricandidate all’interno del MoVimento.

Questa tipologia di regole interne ha creato casi simili nella storia del Parlamento Europeo?

C’è stato un caso abbastanza interessante ma non analogo. Negli anni ’90c’erano i deputati europei radicali italiani che si erano messi insieme al Fronte Nazionale francese (quindi Le Pen) costituendo il Gruppo Tecnico Indipendente. Il Parlamento europeo ha un regolamento particolare nel quale sono molto forti i gruppi politici. Però i gruppi politici devono formarsi con determinati criteri: deputati eletti in diverse nazioni, un certo numero di membri e sopratutto una affinità politica comune. Questi due gruppi (molto diverse politicamente) decisero di unirsi dichiarando palesemente nello statuto del gruppo parlamentare (che è una cosa diversa dal codice di comportamento degli eletti) nessuna affinità politica. Lo fecero soltanto per avere i privilegi procedurali del gruppo. Il Parlamento europeo sciolse quel gruppo e in seguito la Corte di Giustizia confermò la scelta. Il caso balzò alle cronache col nome di Martinezil nome di uno dei deputati appartenente al Front National. Tutto questo per dire che le regole vere sono quelle del Parlamento europeo, ciò che si decide fuori (come questo codice) è giuridicamente irrilevante.

Allora torniamo sul codice. Qui sono indicate le dimissioni obbligatorie per il deputato «gravemente inadempiente al codice di comportamento ed all’impegno al rispetto delle sue regole assunto al momento della presentazione della candidatura»…

Non vuol dire nulla. Un post sul blog non pone nessun obbligo giuridico ma solo politico. Anzitutto il punto è steso in modo ambiguo: dimettersi da cosa? Dal Gruppo o dalla carica? Nel secondo caso le dimissioni non si possono porre con un codice di questo tipo. Il codice non è che non è incompatibile con il regolamento del Parlamento Europeo: è irrilevante. Perché le regole e i trattati che regolano il Parlamento non prevedono questa possibilità. Se la pone un codice interno al MoVimento è irrilevante.

E l’importo dei 250 mila euro al Comitato Promotore? Se una persona decide di non versare la cifra?

Questa è una cosa diversa rispetto a ciò che è stato stabilito con gli attuali eletti 5 Stelle ora alla Camera e Senato. Scritta così non significa nulla. Eventualmente possiamo immaginare una sorta di contratto, una forza di obbligo privatistico, che il singolo candidato sottoscrive con il MoVimento per impegnarsi reciprocamente in questo comportamento. Io la vedrei durissima però andare dal giudice e contestare tale contratto. Come si dice nel diritto privato questa è una clausola leonina, tutta a vantaggio del MoVimento e non dall’altra parte. A fronte dell’obbligo dei 250 mila euro qual’è la controprestazione? La candidatura nel MoVimento? Bisogna vedere la forma, non è sufficiente la sottoiscrizione della candidatura. Si può pensare a un contratto specifico tra MoVimento e singolo iscritto ma rischierebbe di diventare una causa illecita.

E se si trascina l’eletto dall’avvocato?

Io lo riterrei a causa illecita. Non posso fare un contratto e dire che “Io vado in Parlamento e ti rappresento con vincolo di mandato” perché è un contratto a causa illecita. Anche se vado in Parlamento e non rispetto il agisco secondo i miei elettori nessuno mi può trascinare in Tribunale. Eventualmente i 250 mila potrebbero esser sollevati solo in caso di “danno d’immagine” ma anche lì mi sembra molto improbabile che anche in questo caso si configuri una responsabilità civile.

Nel codice vengono indicate precise direzioni per il gruppo comunicazione. La consistenza del “gruppo di comunicazione”, in termini di organizzazione, strumenti, scelta dei membri e del coordinatore, sarà definita da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Non solo: ci saranno due assistenti per ciascun deputato. Ma non è il Parlamento Europeo a pagare direttamente gli assistenti? E poi: possono due persone esterne scegliere chi affiancare al deputato in questione?

Per il collaboratore c’è da distinguere tra chi lo nomina, chi lo sceglie e chi lo paga. Il Parlamento Europeo paga direttamente i collaboratori per una questione ed un principio di trasparenza, però è il parlamentare stesso che individua chi è il suo collaboratore. Quindi anche questo punto mi sembra irrilevante come questione. Formalmente l’indicazione dell’onere dovrà esser fatta comunque dall’eletto.

Varrà insomma lo statuto del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle una volta approdato in Europa?

Anche qui, i 5 Stelle non possono fare da soli fare un gruppo parlamentare. Per esser un gruppo del Parlamento Europeo bisogna esser di più Paesi ed aver tra tra i vari deputati una affinità politica. Una lista che è presente in un solo Paese, che elegge deputati provenienti da un solo Paese e che non vuole fare alleanze con nessun altro non può costituirsi gruppo in un Parlamento Europeo.

Quindi dovranno aderire ad un gruppo?

Possono anche iscriversi i singoli eletti come membri non iscritti. Questo se decidono di non fare alleanze con nessuno. Ma questo cosa comporta? Meno poteri procedurali, meno soldi e meno tempi d’intervento rispetto ai colleghi che stanno nei gruppi. Ecco perché citavo sopra il caso Martinez. Perché la Corte ha sottolineato come i gruppi dentro il Parlamento europeo non sono soltanto uno strumento per il procedimento ma unos trumento per creare una identità europea: famiglie politiche comuni che discutono in sedi comuni.

In che senso?

Esser eletti al Parlamento Europeo è diverso rispetto all’ esser eletti al Parlamento Italiano. Nel primo caso le alleanze sono strettamente necessarie per incidere nel procedimento. Anche con 25 e 30 membri se non si è gruppo al Parlamento europeo non conta nulla. Per esempio, i poteri procedurali. In assemblea gli emendamenti li presentano solo i gruppi, i membri non iscritti non possono fare niente, manco intervenire. Posso intervenire in assemblea sulle risoluzioni, lavorare nelle Commissioni. L’intervento medio al Parlamento è di due minuti. Se non si è iscritti la capacità decisionale è praticamente irrisoria.

Quindi nessun limite?

È evidente il fine. Anche tanti altri partiti politici presentano linee guide per le candidature, magari non formalizzandole così. Molti puntano sulle dimissioni in caso di condanna penale certo… Ma una volta in Parlamento gli eletti sono liberi.

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